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Il ponte di Paportello


Situato a sud-est di Centuripe, a 320 m dalla sponda occidentale del fiume Simeto, tra il territorio di Centuripe e Biancavilla, può essere considerato il monumento di età imperiale più importante tra i non visitabili. Già il francese Jean Houel aveva capito quanto fosse degno di attenzione, citandolo nel suo Voyage Pittoresque come una tra le costruzioni “plus belles que les Romains aient jamais faites dans ce genre“, e restituendocene due guazzi.

Il ponte visto da sud in un guazzo di fine ‘700 di Jean Houel

La sua costruzione viene attribuita a Q. Pompeius Falco ed era necessaria per attraversare il fiume. Della struttura originaria, orientata in senso NO-SE, si conservano quattro tronconi che si estendono per una cinquantina di metri, di cui affiorano le arcate di collegamento mentre i relativi piloni si trovano sepolti sotto il piano di campagna. Al di sopra delle arcate si possono osservare ancora i tratti del manto stradale ma privo della pavimentazione.

Uno dei frammenti del ponte, l’unico in posizione originaria. Nell’immagine è possibile osservare il rivestimento ancora esistente in laterizi. Foto di Enzo Castiglione da www.enzocastiglione.blogspot.com.

Grazie all’Houel sappiamo dell’esistenza di un ulteriore troncone che all’epoca riaffiorava dal terreno, ma che oggi è di nuovo interrato. Questo costituiva la rampa di accesso al ponte ed è l’unico a mantenere ancora il basolato del pavimento. Secondo i resti, il ponte avrebbe dovuto essere costituito da sei arcate, per un totale di sette campate, di cui quella centrale più ampia delle altre.

Foto di Enzo Castiglione da www.enzocastiglione.blogspot.com

Da quanto osservabile dai resti affioranti, la struttura delle arcate fu realizzata in opus testaceum, con le classiche tegole triangolari affogate nel calcestruzzo (Figura 80). Un accorgimento atipico per il contesto: in Sicilia infatti, ad eccezione di Taormina, per l’opera testacea venivano utilizzati mattoni rettangolari. La spiegazione potrebbe riporsi in una realizzazione dell’opera da parte di maestranze provenienti direttamente da Roma o comunque al di fuori dell’isola, ipotesi alquanto accreditata, data l’importanza che doveva avere l’infrastruttura.

Il ponte visto da nord in un guazzo di fine ‘700 di Jean Houel.

Dalle descrizioni settecentesche dell’Houel sappiamo inoltre che i piloni erano rivestiti in blocchi di basalto ancorati tra loro con grappe di bronzo. In effetti, dalle sue guaches è possibile riconoscere la differente tecnica utilizzata tra piloni e arcate.


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