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Necropoli del Castellaccio


La Necropoli del Castellaccio è localizzata nella vallata Difesa, ai margini del braccio NE del moderno nucleo abitativo. Anticamente l’area veniva attraversata dalla A Thermis Catina per entrare in città. Come era in uso in età romana, all’ingresso della città erano collocati, oltre la necropoli, dei maestosi edifici funerari, allo scopo di ostentare l’importanza e la ricchezza dei clan locali, e che dovevano apparire fortemente scenografici dal versante opposto della città, quello in cui sorge il monumento di Corradino. 

Vista da est della vallata Difesa. Le frecce sulla destra indicano i tre settori della necropoli. Foto di G.Barbagiovanni

Prima che diventasse un’area adibita a necropoli in età imperiale, era stata occupata da un quartiere residenziale ellenistico, in cui sorgevano anche due fornaci, una delle quali ancora visibile perché collocata sul ciglio della SP 41. 

La fornace vista da ovest, percorrendo la SP 41 in direzione Catania.

Ad oggi sono stati qui rinvenuti un monumento ad obelisco di tipo africano, unico nel suo genere in tutta l’isola e forse appartenente a un maestoso edificio pubblico, una tomba a edicola costruita su una precedente dimora tardo repubblicana della quale si conserva tuttora parte del pavimento in cocciopesto decorato con motivi geometrici, due epitymbia ad altare e i resti di un edificio denominato Castellaccio, la cui funzione non è chiara a causa delle scarse informazioni che i relativi ruderi suggeriscono. Neanche Libertini avanzò ipotesi sulla sua funzione, limitandosi a citare i resti e a descriverli come aveva riportato in precedenza l’Ansaldi, e spiegando la funzione militare ad esso attribuita dalla quale deriverebbe il nome che gli fu affibbiato.


I resti del monumento ad obelisco. Sullo sfondo, il fianco est della città e la vallata Difesa. Foto di Giovanni Fragalà dagli scavi del 2010.

I resti della tomba a edicola. Foto di Giovanni Fragalà dagli scavi del 2010.
Il tratto di pavimento in signino recante la formula di saluto “XAIPE” (che significa “salve”) della predente abitazione su cui fu edificata la tomba e edicola della foto precedente. Foto di G.Fragalà.

“L’Ansaldi li descrive come informi massi di fabbriche contenenti una piccola stanza dimezzata di circa palmi 14 x 11, con vestigia di volte e di due piani. Si credette quindi che fosse una torre che fiancheggiava le mura della città o che difendeva una delle porte. La fabbrica, che è di pessima struttura, mi fa molto dubitare della sua origine classica e l’idea delle due rocche che guardavano la contrada Difesa […] è stata forse l’origine della sua denominazione di castello o castellaccio”. ( Libertini, Centuripe )



A sinistra uno dei due epitymbia rinvenuti; Sullo sfondo a destra, poco visibile, muro del cosiddetto “Castellaccio”. Foto di Giacomo Biondi dagli scavi del 2010.

Da tutta la zona provengono inoltre pezzi dei relativi corredi funebri, in parte conservati al museo archeologico regionale o in altri musei, in parte perduti a causa del commercio dei tombaroli, e sculture. Ulteriori scoperte dagli scavi a venire , dopo i più recenti eseguiti nel 2010, potrebbero fornire nuove indicazioni sull’area e magari renderla accessibile al pubblico.

Grafica di Alessia Spoto Barbagallo

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